Ormai l'attuale situazione mondiale etichettata come “pandemia”, ha messo a nudo il Re facendo cadere uno dei tabù più saldi del mantra liberista: “gli Stati non possono fare debito”.
Con locuzioni diverse ma dello stesso tenore, annoveriamo nella serie storica anche frasi come “non ci sono i soldi” e “abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità”.
Le chiusure imposte a molte attività per circa un anno, dove le aperture a singhiozzo non possono certo definirsi realmente tali, ha messo il contraddittorio meccanismo della tassazione finalizzata al recupero di denaro per la spesa dello Stato in definitiva crisi, facendo sciogliere i tabù di cui sopra come neve al sole. In particolare nell'Eurozona con le attività chiuse ed il crollo dei consumi (fonte Istat), non si possono più mungere i contribuenti a pieno ritmo. Occorre fare debito perché lo Stato possa assicurare quel minimo che ancora fornisce, come stipendi e servizi di base ridotti all'osso. Già, occorre fare debito perché abbiamo rinunciato alla nostra moneta e tutto il denaro che il nostro sistema necessita va cercato sui famigerati “mercati”.
Tralasciando per un attimo la fonte delle nostre liquidità, occorre porsi una domanda fondamentale: si abbandona finalmente la follia dei conti in ordine e si torna alle politiche di stampo keynesiano, sostenute dalla BCE? Giammai, per i “padroni del vapore” occorre ribadire che questa è una situazione eccezionale alla quale non dobbiamo abituarci. La catena al collo viene allentata giusto un po', gli schiavi vanno educati non soffocati completamente. La famosa carota nell'attesa del bastone e forse qualcuno si aspetta anche un “grazie” a fronte di cotanta generosità. Entra quindi in gioco il lessico padronale e paternalistico, al quale vengono informate le dichiarazioni dei vari esponenti politici di vario livello:
Ansa: Patto di Stabilità sospeso fino al 2023, anche sostegno pubblico resta
Messaggero: Sostegni, Castelli: a breve decreto da 32 miliardi
A livello UE si parla di “sospensione” del Patto Europeo di Stabilità (la catena al collo), quindi siamo già ammoniti di non abituarci troppo ai “soldi a pioggia”, la durezza del vivere narrataci da Padoa Schioppa deve piacerci a forza. Anche perché i nani della BCE che scavano per trovare i denari alla fine si stancano e non possiamo abusarne. In modo ancora più subdolo si esprime Laura Castelli (Sottosegretario Economia e Finanze del M5S) parlando di “scostamento”. Il termine lascia intendere che ci si allontani provvisoriamente da una linea tracciata per poi ritornarvi, quella del rigore dei conti a scapito di una società più giusta ed equa. Tutte le erogazioni attuali si tradurranno quindi in futuri aumenti dell'imposizione fiscale o tagli alla spesa pubblica, già mutilata in vari settori vitali come quello sanitario. La gestione criminale dell'attuale situazione sanitaria ne è conseguenza evidente.
Lo Stato però non è un'azienda e non deve perseguire obiettivi di bilancio, né tantomeno trovare “coperture” per rispettare un budget. Uno Stato fa programmi a medio-lungo termine dove l'obiettivo è il benessere sociale diffuso, non la stabilità dei conti. Il fine perseguito deve essere sempre l'Uomo in tutte le sue sfaccettature, garantito dal primato dello “stato di diritto” sui conti e sull'economia, quest'ultima mero strumento al servizio della politica, ormai vera grande assente dei nostri tempi. Perché lo sfoggio di abilità dialettiche e di marketing per accaparrare consensi non può essere definito in alcun modo politica.
Ecco perché occorre partire dal lessico e dalla terminologia, confutando la narrativa dominante e ridando il giusto valore alle parole. Le cose vanno chiamate col loro nome: l'austerità in nome dei conti in ordine è un crimine contro l'uomo e chi la propugna è un criminale al quale non spetta certo presenziare all'interno di istituzioni pubbliche.